Le Compostiere di Gabriele Fiocco: pezzi unici di ecodesign

#EcoDesign #Compost

Il Compostificio è un progetto green che si occupa di sensibilizzazione verso le tematiche riguardanti l'emergenza rifiuti oltre che della produzione di compostiere per la trasformazione degli scarti. Ma cos'è tecnicamente una "compostiera"?
Un contenitore, che serve a facilitare o migliorare la pratica del compostaggio, ovvero della trasformazione degli scarti organici, di cucina e giardino, in concime.
 



La compostiera è anche un'oggetto di design. Da chi o cosa ti sei fatto ispirare?
Ci sono diversi fattori che hanno scatenato in me la voglia di disegnare e costruire compostiere in qualsiasi modo possibile e per chiunque ne abbia esigenza. Innanzitutto un presidio antidiscarica a Chiaiano di Napoli del 2008 mi ha insegnato che il probema rifiuti è attualmente gestito a livello planetario in maniera gravemente insufficiente e che la parte organica è l'unica che possiamo gestire autonomamente fino a trasformarla in un nuovo stato utile; poi mia madre che, come la maggior parte delle persone ostili a fare il compost in casa, mi ha fatto capire che prima di iniziare o durante, a scoraggiare il compostaggio domestico è il fatto che tra le compostiere in vendita sul mercato e le soluzioni in autocostruzione che si trovano su internet, finiresti per aggiungere l'ennesimo bidone dei rifiuti in casa, che spaventa e ingombra. Questo perchè non ci sono abbastanza modelli evoluti rispetto alle esigenze attuali di estetica e praticità. Un altro importante riferimento per me è stato Raffaele De Martino con il suo progetto Zud, un forte esempio napoletano di ricerca autentica nel design artigianale del riuso. Infine il maestro Riccardo Dalisi, durante L'Università Volante, ha convalidato la mia ricerca di libertà espressiva assoluta, mostrato alcune regole del design, elevato esponenzialmente le mie capacità di disegno, e trasferito alcuni principi di crescita professionale e personale primi tra tutti quello che "ogni limite è un opportunità".  


In che modo ha preso forma la tua idea e in che modo si sta diffondendo? Sarebbe interessante conoscere la storia del tuo prodotto.  
Io sono laureato in Tecnica Pubblicitaria, ho ricercato tecniche di comunicazioni fondate sulla partecipazione, strumenti di promozione aziendale al servizio di problematiche sociali e ambientali. Il mio debutto nel mondo del design si può considerare una continuazione, dato che gli oggetti sono proprio strumenti di comunicazione
L'oggetto compostiera era ed è ancora oggi sviluppato minimamente nelle sue capacità comunicative del tema dei rifiuti. Ed essendo un contenitore particolare rispetto agli altri perchè ti restituisce quello che ci metti, dimostrandoti in maniera diretta quanta cura hai avuto degli scarti, ho deciso di progettarne evoluzioni da istallazione didattica per aree verdi urbane (così come scuole, parchi pubblici, ecohotel) affinchè si attuasse la caratteristica che ha in se di laboratorio condiviso. 

Ho istallato un primo prototipo di fianco a un orto urbano, in un parco pubblico di Milano all'interno di un progetto di un associazione per il riuso temporaneo degli spazi verdi abbandonati, che mi ha permesso di trovare l'interesse di una giovane startup di Torino che vuole sponsorizzare la produzione di questi progetti didattici d'arredo urbano; ho avuto ache la fortuna di presentare questi progetti alla III edizione della Biennale Spazio Pubblico a Roma; sono in contattato con i sindaci di alcuni comuni italiani virtuosi per l'istallazione dei "compostifici" nelle scuole.  

Continuo anche a lavorare sui modelli domestici (giardini e terrazzi di famiglie soprattutto con bambini) in maniera artigianale e con materiali di recupero per costruire pezzi unici, ma anche a progettare modelli di compostiere d'arredo riproducibili in acciaio, ferro e legno che propongo a diverse aziende d'arredo per esterno considerando che questi prototipi che ho sviluppato sono studiati per arredare lo spazio e stravolgere il ruolo del contenitore dei rifiuti con forme, colori e materiali imprevedibili. 
 

 
Una delle tue ultime esperienze è stata quella della Triennale di Milano, come è nata? 
Mi hanno contattato mostrandomi una foto di una mia compostiera, dicendomi che l'avevano trovata su internet e chiedendomi di mostrargli altri lavori simili: erano interessati a farmi partecipare alla mostra "Cucine e Ultracorpi" curata da Germano Celant in collaborazione con Silvana Annicchiarico per l'VIII edizione del Museo del Design Triennale di Milano. Dopo avergli inviato il materiale e non avendo ricevuto risposta, sono andato in ansia tanto da contattarli dicendogli che ero a Milano per qualche giorno e che se volevano potevo passare di persona a trovarli. Quando mi hanno ricevuto nell'ufficio della direttrice non riuscivo a smettere di sudare dall'emozione. Avevo trascorso l'ultimo anno in una sorta di "rifugio creativo", nelle campagne del Parco Nazionale del Cilento e non riuscivo a credere che stavano riconoscendo il mio lavoro in un istituzione come quella. Alla fine mi hanno chiesto di prendere in prestito 6 prototipi di compostiere da terrazzo e giardino da me realizzati a mano, alcuni con materiali di recupero, ma sempre con l'aiuto di grandi amici artigiani che passavano a trovarmi nella mia bottega di Napoli, e altri in Cilento, isolato nella bottega di Lorenzo, un amico fabbro che mi ha assistito nella lavorazione dell'acciaio.
Ora vivo a Milano e vado spesso a trovare le mie compostiere in mostra lì fino a Febbraio, per accompagnare chi è interessato a vedere i miei lavori.

Per me fare parte di questa mostra significa una conferma della validità di quello che faccio ed è stato un onore trovare il mio nome con la definizione di "designer" su alcuni siti di riviste importanti, come Abitare o Artribune, accanto a quello di designer affermati ma, visto che il mio è un design un pò artistico, mi avvalgo dell'assistenza di giovani designer che sopperiscono le mie lacune. 

E' una grande soddisfazione essere lì, ma per avere risultati concreti non posso affidarmi alla mostra, credo che bisogna cercare sempre e personalmente nuove occasioni. 





 


Intervista di Valentina Solano