Il Fondaco dei Tedeschi: possiamo parlare di restauro?
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Di fondazione antica (1228), il
cinquecentesco Fondaco dei Tedeschi fu uno dei palazzi più imponenti ed
importanti della capitale di quella che allora fu la Serenissima Repubblica
veneziana, utilizzato a lungo come luogo di scambio dai mercanti tedeschi, e
testimone di quella che fu la grandezza mercantile di Venezia. Distrutto a
causa di un incendio nel 1505, fu ricostruito totalmente tra il 1506 ed il
1508, con gli spazi aperti fra le campate affrescati da pittori del calibro di
Giorgione e Tiziano, suo allievo.
Il Fondaco, soppresso con la
caduta della Repubblica nel 1797, divenne poi di proprietà delle Poste Italiane
che ne manipolarono drasticamente l’architettura. Ceduto infine nel 2008 al gruppo
Benetton, il T Fondaco dei Tedeschi è ora la prima galleria europea del
circuito DFS (Duty Free Shop) – controllato dal gruppo LVMH, gruppo a cui è
stato dato in gestione il Fondaco. Il gruppo Benetton nel 2009 ha finanziato,
infatti, la riconversione dei suoi 9000 mq in spazio commerciale, affidando l’intervento
di recupero al gruppo OMA e all’ architetto olandese Rem Koolhaas.
L’intervento ha visto la
realizzazione di una nuova copertura, che è stata ottenuta con il recupero del
vecchio padiglione del XIX secolo, poggiante però su di un nuovo solaio in
acciaio e vetro che copre l’intera corte centrale. E’ stata poi creata una
terrazza panoramica in legno, che assieme al cortile, è uno spazio pubblico
aperto a mostre ed eventi della città, indipendente dal centro commerciale.
Dalle eleganti logge
cinquecentesche recuperate dei tre piani del Fondaco ci si affaccia sulla
quadrata corte centrale, che, nonostante mantenga la propria geometria d’origine,
perde tuttavia la funzione di corte scoperta, in quanto, appunto, coperta dal
nuovo piano destinato a mostre ed installazioni e quindi illuminata
artificialmente. I percorsi fra i vari piani restano invariati con l’aggiunta,
dissacrante secondo i puristi, del sistema di scale mobili in legno e vernice
rossa che collega in maniera diretta le numerose e lussuose boutique su ogni
piano. Le gallerie ad ogni piano, arricchite da specchi e pannelli dorati,
ospitano affreschi in chiave moderna a memoria delle antiche pareti affrescate.
Proprio il vivace accostamento di
materiali distanti fra loro sia per tecniche costruttive che per stili è la
firma del gruppo di architetti guidati dall’ archistar olandese. Un intervento
di recupero/restauro che ha mirato a mantenere intatte le caratteristiche
principe dell’architettura cinquecentesca veneziana, come le camere ad angolo,
le arcate delle logge, i capitelli pensili del piano terra, o come le tracce
delle stratificazioni delle varie epoche di costruzione del Fondaco e le
iscrizioni, anche quelle sulle pareti del piano terra, volute fortemente da
Koolhaas. Spirito conservativo che, ad esempio, è stato presente solo in parte
per gli allestimenti d’interni dell’architetto Jamie Fobert, nei quali è facile
intravedere una chiara ispirazione scarpiana.
Ma si può davvero considerare il
progetto di Rem Koolhaas un intervento di restauro? E’ pur vero che del
duecentesco palazzo veneziano non è rimasto nulla, ne’ tantomeno è rimasto dell’antico
impianto cinquecentesco, nascosto sotto uno strato possente di cemento armato,
e manipolato da oltre un secolo di gestione delle Poste Italiane che ne
modificarono essenzialmente i connotati per l’apertura degli uffici, con la
chiusura delle arcate nelle logge e l’apertura degli uffici al piano terra.
Nonostante ciò, a prescindere dal percorso di stratificazioni e riadattamenti,
il Fondaco dei Tedeschi è stato riconosciuto monumento nel 1987 e questo permette
oggi, oltre che di dimensionare sostanzialmente la mole di interventi possibili
sulla sua struttura, anche di poter parlare entro certi limiti di restauro,
inteso come operazione o attività legata al recupero, al ripristino, alla
manutenzione e alla conservazione di beni ai quali vengono riconosciuti
particolari valori estetici e storici, beni, cioè, ai quali viene riconosciuto
lo status di monumento, in vista di una
loro trasmissione al futuro, - definizione di brandiana memoria -.
Se l’intervento di Koolhaas sia da
considerare o meno all’interno della sfera di quelle operazioni volte a
trasmettere al futuro i valori di storicità ed esteticità di un monumento, è
opera per teorici del restauro stabilirlo, sta di fatto che invece sembra più
che riuscita l’operazione commerciale di ri-apertura del Fondaco al commercio
di lusso, riportando in vita, in un certo qual modo, quella stretta connessione
fra commercio e città che in un tempo lontano vedeva la Serenissima al centro
del mondo allora conosciuto.