Ikebana e gentilezza: le tradizioni della casa giapponese

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“Primavera non bussa, lei entra sicura, come il fumo lei penetra in ogni fessura, ha le labbra di carne, i capelli di grano, che paura, che voglia che ti prenda per mano. Che paura, che voglia che ti porti lontano.”Così cantava il grande Fabrizio De André in“Un chimico”, anche se le nostre porte sono chiuse, ce la ritroviamo lo stesso in casa ed addosso. 
Potremo aprire uno spiraglio di finestra e farla entrare sotto forma di Ikebana, letteralmente “fiori che vivono”. Ma l'arte dei fiori giapponese può essere anche intesa come kadō, cioè "via dei fiori", un cammino di elevazione spirituale secondo i principi dello Zen. Questa pratica ha origini antichissime, risale al VI secolo d.C., ma è dal XI secolo che esce dai monasteri per incontrare prima i Samurai, poi i nobili, poi tutti, religiosi e non. I noti guerrieri nipponici prima di iniziare una battaglia eseguivano sia l’ikebana che la cerimonia del tè, per raggiungere uno stato di pace e di concentrazione, un atto per prendersi cura della mente e del cuore. Inoltre la caducità della composizione è l’equivalente gentile e poetico dell’occidentale “memento mori”.

Ma come si fa un Ikebana?
Uno dei suoi scopi è portare il ritmo esterno della natura all’interno, per questo è necessario usare esclusivamente fiori e piante della stagione in corso. Dimenticare l’affezione occidentale solo per la bellezza del bocciolo, ma creare una composizione lineare, quindi usando steli e rami con pari dignità. Il vaso deve essere un elemento armonico e bisogna che vi sia la possibilità di mettere dell’acqua. I più eccellenti e contemporanei esemplari di vasi Ikebana si possono acquistare dallo shop online dello storico brand danese Fritz Hansen.
L’ikebana si basa su tre simboli: il cielo, la terra e uomo. Il cielo è rappresentato dallo stelo “Shin”, che è l’elemento più importante, poi vi è “Soe”, l’uomo, è sistemato in modo da dare l’impressione di spingere lateralmente e in avanti rispetto allo stelo principale, deve essere lungo circa 2/3 rispetto al ramo principale e inclinarsi verso di esso. Infine “Hikae” rappresenta la terra, è il più corto ed è posto davanti alla base degli altri due. 

Altro elemento importantissimo per la progettazione del nostro ikebana è il vuoto, concento cardine della cultura giapponese, associato spesso, in maniera riduttiva allo yin e yang, ma che in questo caso assume più propriamente la sfumatura di “aria”. Bisogna dimenticare l’amore per la simmetria, tipico dell’occidente e ricordarci che stiamo riproducendo le stagioni in scala, quindi dinamicità e crescita sono le parole chiave.

Inoltre si possono inserire fiori secondo l’“Hanakatoba”, letteralmente “parole dei fiori”, in cui ogni fiore rappresenta un concetto e spesso ha pure una storia leggendaria da raccontare. Gli esempi più famosi sono i “Sakura”, fiori di ciliegio e gli  “Hasu”, i fiori di Loto. Il primo simbolo dei samurai, della gentilezza e dell’impermanenza della vita. Il secondo è il simbolo più noto del buddismo, l’anima e la sua purezza a seguito del lungo cammino di illuminazione. Infatti questo fiore nasce dal fango e cresce attraverso un lungo stelo seguendo la luce per poi sbocciare sull'acqua. Ci sono interi trattati sulla lingua dei fiori.

Perciò, spostiamo dal tavolo le cose inutili e cominciamo a progettare il nostro piccolo momento di gentilezza verso noi stessi.


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