Fotografia d'autore: Mimmo Jodice in mostra al Madre


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La più grande retrospettiva mai realizzata sull’ opera del grande maestro della fotografia contemporanea.

Proseguirà fino al 24 ottobre, al MADRE di Napoli, la retrospettiva dedicata interamente al grande fotografo napoletano. La mostra, a cura di Andrea Viliani, presenterà  tutti i più importanti cicli fotografici di Jodice, in un percorso appositamente concepito per le sale del museo, dal racconto della sua Napoli, mistica e devota, alla fotografia sociale che Jodice reinterpreterà in chiave simbolica, senza limitarsi al reportage tradizionale, fino alla sua ultima opera “Attesa” del 2015, realizzata in occasione della mostra.
L’allestimento studiato appositamente per il Museo d’Arte Moderna Donna Regina di Napoli, presenta più di 100 opere fotografiche dell’artista, scattate in tutto il mondo, Palmira, Montreal, Roma, Mosca, Lisbona, New York, oltre che alla sua Napoli, culla di quella cultura mediterranea alla quale Jodice è irrimediabilmente legato, e dalla quale parte il suo percorso di sperimentazioni avanguardistiche negli anni Sessanta e Settanta, periodo nel quale entra in contatto con alcuni dei più grandi artisti dell’epoca come Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Joseph Beuys, Gino De Dominicis, Giulio Paolini, Josef Kosuth, Vito Acconci, Mario Merz, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, e altri. Ma è l’incontro con il napoletano studioso di tradizioni popolari Roberto De Simone che lo consacrerà definitivamente alla fotografia, e con lui pubblicherà la sua prima monografia: “Chi è devoto”, del 1974, uno studio fotografico, ma anche antropologico, dei riti religiosi e popolari della sacralità non solo napoletana, ma di tutto il Sud.
Con la conoscenza di Domenico de Masi, e la prima cattedra di fotografia all’ Accademia delle Belle Arti di Napoli agli inizi degli anni Settanta, comincerà il cosiddetto periodo sociale del fotografo che darà voce alla sua rabbia nei confronti di un Sud degradato e sbraitante, valicando i limiti della fotografia documentaria per raccontare storie. 
Negli anni Ottanta, grazie all’ incontro con Cesare de Seta ed altri esponenti del mondo dell’architettura, tra i quali Italo Lupi, Pier Luigi Nicolin, Alvaro Siza, e dell’archeologia in particolare, conclude le sperimentazioni del suo periodo sociale per dedicarsi a progetti fotografici che raccontassero Napoli in maniera quasi metafisica, ponendo l’attenzione sugli spazi urbani carichi di memoria. Nella sua fotografia Jodice fa scomparire la figura umana per lasciare spazio a paesaggi urbani desolati, quasi plasticizzati nel silenzio, nell’attesa.

Teatralità quotidiana a Napoli, 1982

Teatralità quotidiana a Napoli, 1982

Teatralità quotidiana a Napoli, 1982

Vera fotografia, 1979

Peplophoros, Cuma 1991

Petra, 1993
Atleti della Villa dei Papiri, 1986

Alba Fucens, 2008

Transiti, opera n.14, 2008



La mostra, dopo un’anticipazione al piano terra, prosegue al terzo piano, dove, con tre sezioni dedicate, Jodice sviluppa i temi legati al passato (prima sezione), al presente (terza sezione) e al futuro (seconda sezione). Ed è proprio in un futuro che pare non debba compiersi mai che prende forma il nuovo ciclo "Attesa", posto lì proprio a sottolineare un tempo che ritorna su stesso in una concezione circolare e non lineare, e che è il fulcro di tutto, ma anche il suo eterno ritorno.
E così l’attesa, attimo eterno, eterno futuro in cui tutte le cose si compiono, è anche il tempo del fotografo esiliato dal mondo in una camera oscura, intento a bilanciare l’illuminazione o l’esposizione di un soggetto che poi si rivelerà assente, e impaziente di dare al mondo la propria memoria delle cose. Con questo nuovo progetto fotografico Jodice è alla ricerca di una nuova concezione spazio-temporale che miri al superamento dello stesso scorrere del tempo inteso come un vettore unidirezionale, e che esponga, in bianco e nero, tutte le espressioni di sensibilità del mondo che ci circonda.


Attesa, opera n. 2, 2012




Isabella Mazzola