Voglia di viaggiare chiama? Barbara Zanette risponde: intervista all'architetto di Temakinho


#ArchiLounge
Tra i superpoteri più desiderati c’è indubbiamente il teletrasporto!
A chi non piacerebbe avere l’opportunità di viaggiare a costo zero e, in una frazione di secondo, arrivare dall’altra parte del mondo? 

Purtroppo, la scienza non ha ancora regalato queste gioie ma, in compenso, in diverse città d’Europa esiste un "passaggio" capace di portare chi lo varchi in ben due continenti diversi contemporaneamente: è la porta dei ristoranti Temakinho, uno dei brand di ristorazione più in voga negli ultimi anni.
Per chi non li conoscesse, quelli di Temakinho sono locali divenuti famosissimi oltre che per l’offerta gastronomica, composta da coloratissime porzioni nippo-brasiliane e drink particolarmente estrosi, anche per le location accattivanti e studiate nel dettaglio: l'obiettivo è quello di offrire alla clientela un’esperienza “totalmente immersiva” sia nella cultura Giapponese che in quella Brasiliana.

Per comprendere meglio il lavoro e lo studio nascosti dietro ad un risultato dalla potenza simile, l’unica opzione è quella di cercare risposte direttamente alla fonte: nasce così intervista all’Architetto Barbara Zanette, progettista e designer d’interni delle varie sedi Temakinho, in Italia come all’estero.

Barbara, online si trova molto poco su di te: presentati ai lettori di Et Voilà Design.

“Mi sono laureata al Politecnico di Milano in Restauro Architettonico. Ho seguito questa strada ma molto presto mi sono accorta che non era quello che avevo nel cuore: ho sempre desiderato occuparmi degli interni e, fin da piccola, consumavo le riviste di arredamento e design. Durante gli anni dell’università, un conoscente che si occupava di ristoranti mi ha chiesto di aiutarlo: lui era un imprenditore e aveva bisogno di un architetto per cui mi sono lanciata in quell’avventura mentre ancora mi stavo formando. Dopo la laurea, invece, mi sono occupata spesso di uffici, locali e anche di due scuole (un tema che mi è molto caro essendo anche una mamma).
Per quanto riguarda la rete, è vero, sono un po’ un fantasma! Per fortuna non ho avuto bisogno di promuovermi, visto che il lavoro non mancava anche se, ultimamente, sto cercando di raccogliere del materiale per dare vita a un sito: le società con cui sto collaborando mi chiedono di essere più visibile quindi sto cedendo alle lusinghe del web”.
                       
 
Temakinho One Tower Bridge, Londra, 2019

-       E noi siamo super felici che tu abbia ceduto anche alle nostre! Se esistesse un concetto di “grande pubblico” per l’architettura, ti avrebbe sicuramente conosciuta per i ristoranti Temakinho. Raccontaci come è iniziata questa avventura.


“Conoscevo Linda (ndr. Maroli, la fondatrice di Temakinho) da tempo: avevo curato gli appartamenti di tutta la sua famiglia e sai, da cosa nasce cosa…Quasi dieci anni fa mi ha offerto l’occasione di intraprendere questo percorso meraviglioso per il quale le sarò sempre grata. Probabilmente è il progetto più bello e divertente di tutta la mia carriera!
E’ un’esperienza che mi ha dato anche molta visibilità e riscontri perché, tra abitazioni ed uffici, il mio tallone d’Achille restava sempre la capacità di farmi notare o promuovermi; quella che indubbiamente è una mia attitudine personale, nel mondo del lavoro contemporaneo, non si può certo dire che paghi”.


 
Temakinho Magenta, Milano, 2016

-       Ci racconti qual è stata l’idea che ha dato vita a tutto il concept dei ristoranti Temakinho? In cosa avete trovato lo spunto per sviluppare quel fil rouge che ha permesso di legare cibo, drink, musica e arredamento in totale coerenza?

La Director di “tutto il pacchetto” è sempre Linda: è lei che orchestra e dosa gli equilibri tra cibo musica e ambiente. Lo spunto che ha dato a me è stata la sua voglia di tropical, colore e atmosfera; abbiamo cercato insieme delle reference e da lì mi sono rapportata con il layout, quindi con l’elemento tecnico che condiziona, con lo spazio fisico e con tutte le suggestioni che genera.
Io ho bisogno di stare tanto in cantiere per respirare l’atmosfera che si vive in quel posto, per vedere da vicino le trasformazioni che poi generano anche altre idee strada facendo.
Linda trova spesso spunti in una città o un villaggio, una regione specifica del Brasile: così facciamo uno studio su quanto quell’ambiente abbia da proporre in merito ad atmosfera, musica, colori etc. A questo punto scegliamo la carta da parati e queste sono le basi sulle quali si costruisce tutto. Seguono le prove di colore e poi la scelta degli arredi: mi piace tantissimo disegnarli personalmente, infatti le sedute sono tutte scelte e acquistate, mentre tavoli di servizio e banconi sono realizzati su miei progetti originali e su misura.” 
 
Temakinho Soho, 2016

-       Dal primo ristorante alle aperture più recenti, come si è evoluto il design di Temakihno nel tempo?

“Ho fatto un percorso insieme ai ristoratori: la nostra idea partiva dalla voglia di scardinare dei concetti granitici nella ristorazione del momento (ndr. anno 2012): mentre tutti i ristoranti milanesi si concentravano su arredi minimal e colori freddi, noi abbiamo avuto il coraggio di guardare verso il colore e le luci soffuse pur di creare un ambiente dall’atmosfera accogliente, anche correndo il rischio di apparire un pochino “kitsch”.
Volevamo che la clientela avesse l’impressione di fare un viaggio pur restando nella propria città.
Per la prima apertura di Milano, sul Naviglio Grande, forse non abbiamo osato troppo: alcune delle mura le avevamo tenute bianche, quello è stato l’unico Temakinho un po’ più “timido” (ndr. intanto è stato ampliato e rielaborato già due volte).
Nell’aprire la sede di Brera, invece, abbiamo deciso di seguire il nostro cuore: ci siamo buttati nel colore pieno ed è stato un successo!
Credo che siamo state le prime ad utilizzare le cementine patchwork per la pavimentazione, ma oggi puoi trovare pavimenti di cementine in tutti i locali di Milano. Forse riusciamo a sentire “nell’aria” quella che a breve sarà la tendenza però si tratta d’ istinto, non ci sono studi particolari alle spalle. E’ solo un po’ di buon gusto”.
 

Temakinho Brera, Milano, 2019

-        Parliamo delle varie aperture in giro per l’Europa (Temakinho ha locali a Londra, Ibiza e Formentera, oltre a diverse sedi sul territorio nazionale): quanto ogni locale è influenzato dalla città che lo ospita e quanto invece influenzano il luogo in cui sorgono?

“Beh, quando ti vuoi inserire in una città nuova devi studiare quello che è già presente in quella situazione.
Mentre in Italia lo stile Temakinho non esisteva e sapevamo di portare una novità, a Londra i locali fusion o etnici erano presenti da diversi anni ed in grande quantità.
Lì sicuramente ho avvertito un livello di competizione molto più alto che in Italia: “farsi notare” diventava una sfida vera poiché bisognava risultare originali ma senza rinnegare l’anima di Temakinho. Ho dovuto dare “qualcosa in più” pur restando fedele a un carattere tipico e, per farlo, mi sono lasciata trasportare dall’ambiente della città, dal clima e dal gusto della clientela.
In questo modo, quello che si trova da Temakinho a Londra non lo si trova in Spagna: nelle sedi di Ibiza e Formentera ho considerato i bisogni di una clientela più turistica. Anche il clima ha influito molto sui progetti, diciamola tutta: un conto è progettare una terrazza vista mare, tutt’altro è inserirsi nel centro frenetico di una metropoli!
Allo stesso modo, penso che i locali Temakinho abbiano influenzato l’ambiente circostante: è chiaro che quando arriva un nuovo modello, e il modello funziona, in un certo senso il ristorante diventa lo spunto da cogliere per i progetti nuovi che si stanno sviluppando in quell’area”.
 
Temakinho La Savina, Formentera, 2018

-        Nei vari Temakinho si nota un insolito accostamento di tinte sgargianti, neon ad altri toni molto più chiari e delicati: nel dosare questi due estremi opposti hai cercato di ricreare il tema fusion anche nell’arredamento?

“La sfida è sempre quella di osare: azzardare negli abbinamenti, anche a costo di essere kitsch ma dichiarando sempre una certa eleganza. Non dimentico mai che i Temakinho sono ristoranti fusion, quindi ritengo giusto tenere sempre presente il mix di culture proposto da un punto di vista gastronomico e cerco di dare continuità a questo incontro anche attraverso gli arredi.
E’ ovvio che, abbinando la sobrietà e l’ordine del Giappone all’anima Brasiliana, una preponderanza c’è ed è facile che il carattere più esuberante fatichi meno a dichiararsi, sia nel cibo che nell’ambientazione, però non dimentico mai il Giappone: chi ha presente il ristorante in Duomo conosce la delicatezza dei suoi colori. Quella è stata una scelta indubbiamente dettata da esigenze di luminosità, poiché il locale è in un seminterrato, ma lì la necessità si è trasformata in un punto a favore della cultura Giapponese che, in questo modo, trapela più che altrove”.
 

Temakinho Duomo, Milano, 2018

-        I ristoranti Temakinho sono noti per essere anche “Instagram Friendly” cioè dei veri e propri set ideali per fotografie "strappalike". Questo era un obiettivo fissato già in fase di progetto o si può definire questo successo social una fortuna casuale?

“Su questo argomento forse dovrei passare la palla ai ragazzi del marketing. *ride*
Posso dire, per quanto riguarda la fase progettuale, che non era tra gli obiettivi che avevo prefissato. Io progetto per far star bene le persone in un determinato ambiente, non posso immaginare quello che succederà dopo.
Nel progetto di un appartamento faccio riferimento a ciò che mi fa sentire bene in casa e poi cerco di adeguare le mie preferenze allo stile di vita dei committenti; allo stesso modo ho cercato di ricreare dei ristoranti in cui mi sarebbe piaciuto cenare o pranzare: facendo un passo indietro come progettista, ho provato a sentirmi una semplice cliente. Devo ammettere che, dal successo ottenuto, ho avuto la conferma che aspettavo: quello che ritenevo piacevole ha fatto star bene, in effetti, anche le persone che abitualmente frequentano Temakinho”.


Temakinho Duomo, Milano, 2018

-        Sappiamo che l’attenzione all’ambiente  è fulcro della filosofia di lavoro di Temakinho. Possiamo ritrovare la stessa attenzione anche nei materiali per l’arredo o nelle scelte impiantistiche, oltre che nelle decorazioni a tema animale e vegetale?


“Loro, dal punto di vista alimentare, fanno scelte sostenibili e allo stesso modo io. Pur non essendo un bioarchitetto nel vero senso del termine, cerco di non utilizzare mai materiali che possano essere dannosi per la salute: escludo dai miei progetti la lana di roccia o la lana di vetro, ad esempio.
Induco i miei committenti a spendere un pochino di più, è vero, ma preferisco sempre dei materiali naturali e questo lo si nota chiaramente nei Temakinho in cui è molto presente il bambù o il legno, che è sempre trattato in modo più naturale possibile. Per le verniciature non considero prodotti che possano essere tossici, e così anche per l’illuminazione: scelgo di utilizzare la tecnologia led perché ritengo sia importante pensare al risparmio energetico. Quindi sì, posso può dire che da Temakinho l’attenzione per l’ambiente sia garantita a 360°”.

Temakinho Porta Romana, Milano, 2019

-        Per finire vorremmo tanto sentire qualche indiscrezione sulle prossime aperture o progetti in fase di sviluppo. Puoi anticiparci qualcosa?

“Posso darvi un’indiscrezione sul "backstage”, se vogliamo definirlo così: anche gli uffici di temakinho sono molto carini. Ovviamente sono spazi riservati unicamente al personale, quindi in pochi possono vederli, ma riprendono in tutto e per tutto lo stile Temakinho declinandolo in uno spazio di lavoro. Il risultato è davvero sorprendente.
Per quanto riguarda le prossime aperture, in programma c’era il ristorante di Bologna. Purtroppo abbiamo dovuto interrompere i lavori  a causa del Covid-19, ma credo che quella sia la vera punta di diamante tra tutti i ristoranti aperti fino ad ora. La location è una Chiesa all'interno di un palazzo meraviglioso di Bologna, proprietà di una Marchesa che è venuta a mancare prima della consacrazione e, successivamente, utilizzata come spazio commerciale, prevalentemente per negozi. Temakinho è il primo ristorante ad entrare in questo spazio e abbiamo pensato di riprendere un po’ il tema religioso guardando alla spiritualità dell’Amazzonia, infatti all’interno si troveranno degli Orishas (ndr. divinità proprie della Santeria) dipinti a mano dai nostri bravissimi artisti.
Mi rammarica che non sia ancora stato inaugurato. In attesa dell’apertura posso soltanto dire: aspettatevi delle cose meravigliose!”.

Temakinho Headquarters, Milano, 2019
Temakinho Headquarters, Milano, 2019

E con premesse simili come si possono tenere a bada le aspettative in merito a questa nuova apertura?
Così, m
entre già si può pianificare il prossimo weekend da trascorrere a Bologna, aspettando con ansia di poter prenotare una cena che coinvolga tutti e cinque i sensi da Temakinho, non ci resta che ringraziare la gentilezza e la disponibilità di Barbara Zanette: l’architetto capace di farci viaggiare restando seduti ad un tavolo nelle nostre città.